BARBARA COSTA, UNA PORNOGRAFA SCATENATA

Da tempo, compulsando le pagine di Dagospia, avevo voglia di raccontare Barbara Costa. Più volte, nelle mie chiacchierate con Giampiero Mughini, facevo il suo nome, per capire se, in effetti, vi era la possibilità di poterla raggiungere.

Perché, è inutile nasconderlo: i suoi articoli si delibano con avidità. Quando si entra nel vortice “dagospiniano”, inevitabile dibattersi nella prosa costiana.

Chi vuole conoscere e conoscersi, faccia bene a cliccare i suoi articoli, soprattutto quelli più liberi, sfrenati. Non si abbia paura di restare stupiti. Nei suoi scritti, ci siamo tutti noi, con i nostri segreti, anche quelli più estremi e inconfessabili. Ci spogliano di freni inibitori, abbattono tabù. E, soprattutto, ci interrogano…

Mi piacerebbe un mondo leggere le articolesse della Costa anche su qualche pagina di qualche gazzetta. Chissà – mi dico – come reagirebbero i lettori, o, soprattutto, i capintesta delle redazioni.

Ma – ahimè – nel paludato e ipocrita mondo della carta stampata, dove l’embrassons-nous conta più dell’originalità, il lecca-lecca più della libertà, la quiete borghese dei lettori più degli schiaffoni intellettuali, i grandi quotidiani fanno finta di non leggerla.

E così, sgomberato il campo da impegni e noie, e grazie alle ambasce del sempre generoso Mughini, arrivo al numero della Costa. La chiamo per presentarmi e raccontarle cosa voglio da lei, in questa lunga confessione. Nella sua risposta, ferma e decisa, mi pone solo un paletto: niente foto personali, ma solo quelle che le hanno cambiata l’esistenza, la mente, il corpo, le parole… Per il resto – mi dice – sarò libera e sincera… Le rispondo: va bene, Barbara. Mi fido di te.

Nella calura più fastidiosa e ineluttabile, ci incontriamo per un aperitivo romano, dalle parti di Testaccio, un tempo cuore pulsante della romanità la più vera e divertente.

Proprio come la sua scrittura, Barbara Costa è vera, esiste. Non recita, non ha pose, non finge un ruolo che non le appartiene, anzi. Arriva dritto alla questione delle cose, delle sue cose. Evita orpelli, ghirigori, e inutili barocchismi.

Dopo due ore di domande a raffica, la libero dal morso della mia curiosità. Vabbè, basta, ci siamo capiti: bando alle ciance. Apprestiamoci ad Infilarci nel mondo della Costa…!

     *   *   *

Barbara Costa, a che età hai avuto la prima pulsione sessuale?

Ma che ne so? Se intendi la prima volta che ho avuto voglia di toccarmi, ti rispondo… da sempre! O meglio, da finché ho memoria. Non mi ricordo la prima volta che mi sono masturbata, ma di sicuro non avevo ancora il ciclo, né i peli sul sesso. Ero molto piccola. Ovvio che tecnica e voglia e fantasie sono cambiate crescendo, e continueranno a cambiare. Ma se invece vuoi sapere la prima volta che ho desiderato fisicamente qualcuno, me lo ricordo benissimo, a 12 anni, col primo che mi è piaciuto, no, il secondo, vabbè, si chiama Ivan, coetaneo, e però già adulto, un ventenne, nel fisico e nella voce. E con Ivan non ci ho mai fatto niente!!! Che scema che ero! È stato lui a farmi “volere” il sesso, sì, me lo ricordo, bellissimo, stavamo sul divano di casa mia. Ivan è stato il secondo, perché la prima è stata Noemi. Onanisticamente. La prima che mi ha “toccata” – e che io ho un pochino “saggiato” – è stata Oriana. Sempre alle medie. Io sono nata bisex, e bisex me la vivo.

Da sempre, se non erro, vivi in provincia: come mai questa scelta? Hai paura di confrontarti con la metropoli? Ti senti fragile?

Per i soldi, costa meno! Ma poi non è vero. Io ho vissuto l’adolescenza e gli anni dell’università e post a Roma. Nel senso che stavo in giro a Roma, Roma frequentavo, e questo vale per le persone, e cinema, pizza, mostre, compere, musica, libri… ma pochissimo discoteche e locali, che nulla mi hanno mai interessato. Io sono cresciuta tra libri, rock e cinema. E con coetanei aventi le mie se non identiche però comuni passioni. Persone che stavano a Roma, fuori Roma, o che con Roma nulla c’entravano. Non mi è mai fregato né mi frega da dove proviene o abita una persona. Mi interessa che non mi annoi. Fragile??? Mica crederai che una metropoli ti fortifichi? Va là, ti deprime, casomai. Almeno a me. Io Roma l’ho vissuta appieno ma oggi mi fa orrore quanto puzzi, sia sporca, ovunque la guardi.

Che infanzia hai vissuto? Ti immagino solitaria…

Ma assolutamente no! Ma perché? Io ho avuto un’infanzia normalissima, allegrissima, senza traumi che oggi va tanto di moda piagnucolare. Sono nata e cresciuta in una borgata post-pasoliniana.

Come vivono i tuoi genitori la tua sessualità, così libera, disinibita, prorompente, che, poi, vien fuori anche con la scrittura? Ne sono consapevoli, o vivi tutto alle loro spalle?

Prorompente? Boh, è la mia. Non la ostento, ma non ho problemi a fare ciò che mi piace con chi mi piace e gli piace. Io non “c’entro” niente con i miei genitori. Nel senso che gli devo la vita e ci vogliamo bene, sì, ma loro hanno avuto altra autoeducazione e esperienze estranee alle mie. Vedi, io nasco e vengo dal proletariato. I miei non hanno cultura né studi. E sono web illetterati. Io sono l’unica tra i familiari ad avere una laurea ma non solo: io sono cresciuta e vivo con i libri. Loro con la TV. I miei non hanno strumenti per comprendere ciò che ho deciso di vivere e scrivere. Ma per me non è un problema. Affatto. L’unico grosso ostacolo è stato chiarirgli che non avrebbero avuto nipoti. Io non voglio figli, non voglio farmi una famiglia, non fa per me, e poi mi offende dover giustificare me stessa mostrando alla società chi amo e no, e con chi faccio sesso, e no.

Come mai non vuoi figli? Troppo presa dal tuo ego e dai tuoi bisogni? O non sei capace di dare amore?

Ma no, ma come sei drastico! Guarda che uomini e donne che non vogliono figli non sono anaffettivi né egoisti né niente. Sono come gli altri. Semplicemente prendono decisioni diverse. Io non voglio figli perché non ho istinto materno, e ho niente da insegnare a nessuno. Io inizio e finisco con me.

“Io inizio e finisco con me” è un inno all’Ego, e basta…

È solo la libera e autonoma – e leale – decisione di una persona che non vuole eredi.

Sono stati fondamentali, i tuoi genitori, per la tua crescita? O assolutamente assenti e incapaci di cogliere le tue sfumature ed esigenze?

M’hanno sempre fatto fare quel che mi pare, meglio di così! Ma io non sono una che “chiede”. Sempre fatto da me. Mai rotto le palle a nessuno. Pensa che, tempo fa ho avuto bisogno di fare un intervento chirurgico, e mia madre lo ha saputo il giorno prima! Me ne ha dette di ogni.

Non ti sarebbe piaciuto, invece, avere con loro un confronto? Ci sono persone che lasciano un segno anche se sono privi di letture e letteratura…

No. Io non credo al cosiddetto sapere della strada. Per me è una grande cazzata. È il “sapere” di chi fondamentalmente non ha né arte né parte, si mette mai alla prova in nulla, non conosce la vittoria né la sconfitta, non rischia o ha rischiato la faccia o il culo per qualcosa. Ovvio che il sapere non è solo quello umanistico, ma io i confronti li voglio e li cerco con chi decido io. I segni te li lascia la vita, ogni volta che è stronza con te.

Ti senti in armonia con i tuoi tempi, e con il pubblico di oggi? Ho la sensazione che ti senti fuori posto…

Io sto benissimo, pienamente nel presente, ingorda del passato, totale menefreghista del futuro. Ma ti riferisci al fatto che non sto sui social? Io non ho social, mai aperto un profilo che sia uno, su nessuna piattaforma, e ho WhatsApp solo per comunicare con la Dagoredazione e tutto ciò che concerne il mio lavoro. Stop. Me ne impipo di selfie, tweet e di tutta ‘sta roba. A me delle opinioni che stanno lì frega il nulla. Che me ne faccio? Se fai ciò che vuoi, vivi meglio che puoi. E con i compromessi al minimo. I patemi ti vengono se segui gli altri. A me importa di me, e di chi voglio bene io. Se hai una ricetta migliore, dimmela. Il pubblico? Il pubblico non esiste. Esiste la singola persona che decide di regalarmi 5 minuti del suo tempo perché vuole leggere un mio pezzo. Tale persona è il mio padrone.

Com’è nato il tuo libro, Pornage? Quale fu lo stimolo, la molla?  Avevi bisogno di dire: ragazzi, cazzo, esisto anche io?

Ma nooo! Senti, Francesco, non mi sono spiegata: io non voglio stare al centro di niente, io non chiedo niente. Ma se volessi quello che mi dici tu, me ne starei sui social a selfare e a sproloquiare della qualunque. La casa editrice “Il Saggiatore” mi ha cercato, mi ha proposto di scrivere Pornage, in assoluta libertà, e io ho accettato perché voglio fare tutto quello che mi va e mi piace. Così non mi vengono i rimpianti.

Come mai è stato un flop editoriale? Te lo sei chiesto? Eppure, il sesso tira sempre…

Ah, carino che sei, è stato un flop? Se lo paragoni a Saviano e Ferrante, sicuro. Per essere un saggio che sarà contemporaneo nel 3000, è andato più che bene. Io sono fierissima del mio piccolo Pornage, ma ancora di più sono fiera di tutti i ragazzi/e che mi hanno mandato i loro elogi e critiche. Che poi, di Pornage ne hanno parlato tutti, bene e male. Certo, io non ho fatto promozione se non qualche intervista scritta, perché non è nella mia indole promuovermi. Chi mi vuol leggere, apre Dagospia, o va su Amazon.

Cosa hai pensato quando Natalia Aspesi, su Robinson di Repubblica, ha sostenuto che l’autore di Pornage era un uomo?  Ti sei sentita offesa?

Ho pensato che poteva benissimo farsi gli affaracci suoi! Io non ho chiesto recensioni a nessuno, Il Saggiatore ha fatto avere una copia di Pornage alla Aspesi, e la signora, invece di stroncarlo nel contenuto, si è messa a “indagare” su ciò che per lei ho o non ho tra le gambe. Come se il cervello fosse sessuato! E come se per scrivere di sesso e pornografia una persona debba avere il pene! Tanti mi scrivono: come facciamo a sapere chi sei, in rete non ci sono tue foto. Sicuro che non ci sono. Non sto sui social, e la mia identità non deve stare alla mercé di scoppiati che, per ciò che scrivo, godrebbero a insozzarmi. No, non ve lo permetto! Lo posso fare, lo posso decidere, per me, o devo chiedere il permesso a qualcuno? E a chi?

Quando uscì “Cento colpi di spazzola”, di Melissa Panariello, il clamore, come il battage pubblicitario, furono enormi… Ti piacque il libro?

Mai letto, non la conosco, non parlo di libri che non ho letto.

Ha mai provato una certa invidia nei confronti di chi, come te, vivendo nella provincia più retrograda, ha parlato liberamente di esperienze sessuali, riscuotendo successo, soldi, fama? Alla fine, siamo onesti, non si scrive solo per sé stessi…

‘A France, aridaje, ma che cazzo me ne frega??? Buon per loro.

So per certo che due tuoi mentori sono stati Mughini e D’Agostino: cosa ti hanno insegnato?

Niente, perché a scrivere – per di più di pornografia – non te lo insegna nessuno. Impari facendolo. Ma è vero: io devo tanto a Giampiero Mughini e a Roberto D’Agostino. Devo a Mughini l’aver accettato un confronto tra il mio pornografico sapere – piccolo – e il suo, grande. Perché quando ami la pornografia, più ne sai e più ne vuoi sapere, e però senza confronto – cioè senza sbatterci la testa – non cresci. È Mughini che ha bussato per me a Dagospia, ma è D’Agostino che mi ha aperto le porte a scriverci. Che mi fai fare una marchetta? Voglio pubblicamente ringraziare Riccardo Panzetta, il vicedirettore di Dagospia, che “passa” i miei pezzi. È lui che mi sopporta e che frena le mie idee più strampalate.

Scusa, Barbara, non è riduttivo limitare Mughini solo al confronto sul porno? Mughini è tanto altro…!

Ma certo, ma guarda che tra me e Mughini il rapporto è questo: uno scontro prettamente intellettuale. Tra alti e bassi, e se lo vuoi sapere, in questo momento è bassissimo. E però, lasciami chiarire questo: a parte che in Italia, tranne Mughini, tranne D’Agostino, il sapere porno è scarsa roba, o dimmi chi ci sta che sa e che io non so. No, dimmelo, perché ci corro. E poi: io a Mughini sono andata a rompergli le scatole per i libri che ha scritto, e il giornalismo, che ha fatto, e con chi, e perché abbiamo letto gli stessi libri – lui più di me, c’è bisogno di specificarlo? – ascoltiamo gli stessi dischi, e ancora: io so benissimo che Mughini ha, quanti 40?, anni di presenza televisiva alle spalle, e però, io del Mughini “televisivo”, diciamo così, so nulla. Io non ho cultura televisiva. Se invece vogliamo parlare del Mughini che ha conosciuto Sartre, Prezzolini, Brera, mezzo e più mondo culturale e politico italiano, e non solo, sono pronta.

Come mai, dopo tanti anni di scrittura giornalistica, nessun giornale ha voluto la tua firma? Sei una scassacazzi? Non accetti i controlli, o, più semplicemente, non ti hanno proprio cercato?

Sarà che nessun direttore, di nessun giornale, ha le palle di D’Agostino. Non mi ha mai cercato nessuno, nemmeno per sbaglio. Mettici pure che io non faccio sorrisini né salamelecchi a nessuno.

Sì, ho capito, ma non mi dire che non ti piacerebbe scrivere per un grande giornale …

Non credo che i grandi giornali, come li chiami tu (ma perché, a Dagospia siamo piccoli!?), apprezzino le mie idee né la mia schiettezza. Si rivolgono a lettori che potrei sturbare, anche non parlando di porno. 

Leggendoti, mi sono sempre chiesto: perché Barbara Costa non prova a scrivere anche di altro? Non pensi di essere monotematica e di annoiare?

Il giorno che annoierò non mi troverete più su Dagospia. E però, qui ti stano: io scrivo di altro, alternato al porno, mio tema principe, e scrivo di rock, di letteratura, di politica. Ogni mio pezzo porno è politico. Perché il porno specchia la realtà, vi è immerso. Io scrivo sempre di libertà, che è la nemesi della politica. Perché non scrivere di Kissinger partendo dalla sua passione per le donne? Lui non si è fatto mancare niente. Bravo. Kissinger da poco ha compiuto cento anni, e tutti a sdilinquirsi. Delle magagne che in politica ha combinato, ne ho scritto solo io. Sì o no? Che poi, i fatti, bisogna avere le palle, di scriverli, ma prima, bisogna saperli. Studiarli.

Tante donne si eccitano, nei giochi con i loro compagni, ad essere pagate? A te è mai capitato, di provare una ebbrezza simile?

Dipende dal feticismo con cui nasci, maturi e vivi. Se una persona ha il feticismo di farsi pagare per il sesso, così godendoci, che se lo viva e più e meglio che può. Fuori dal fetish, quel che a letto ti piace e ti piace fare lo scopri provandolo. Dicendo sì e no. Io nel sesso sono basica. A due. Non starla tanto a menare coi preliminari. Mani e lingua sono importantissimi. Ma tutto questo vale fino a un certo punto, vale la persona che sta con me, quello che piace a lui, a me, con lui, quello che troviamo che funzioni.

Che rapporto hai con la masturbazione? Per tante donne è quasi una vergogna, soprattutto il doverlo confessare. Mi vien da dire: poveracce…!

Ognuna pensi e provveda per sé. Io mi masturbo spesso, non ogni giorno ma di dovere quando mi deve venire il ciclo – mi attenua i malesseri – e quando ho il ciclo – godo di più – ma soprattutto quando mi piace e sto con una persona. E uso le dita.

Nei tuoi articoli, che Dagospia prontamente pubblica, spesso scrivi di quanto siano attraenti e sessualmente accattivanti le trans… Ha mai avuto un rapporto sessuale con loro?

Le trans sono più curate. Io, ad esempio, sono una femmina pasticciona, pigrona, e, se non sto con nessuno, poco mi curo! Non ho fatto sesso con un/a trans. Finora. Io scrivo di pornostar trans per la loro grazia e bravura, sì, ma perché sono persone, non fenomeni da baraccone che tanti media vorrebbero rifilarci. Non sono né hanno nulla di strano. O di diverso. Anzi.

Sei più geisha o dominante con il tuo uomo?

Le geishe non scopano. Io sono la groupie della passività, io non cerco altro che un uomo che faccia lui, decida lui, tutto come vuole lui, per me il massimo è scopare come gli animali, con il maschio che domina, che si “serve” di me. Mi bagna solo il pensiero. Solo che bisogna saperlo fare e trovarti con uno che ti piace che te lo fa.

Barbara Alberti, una volta, mi ha detto questo: “I maschi hanno sempre paura. La disgrazia del maschio è che deve sempre dimostrare di essere maschio. Cioè, dominatore. Poveretti. Lo dico con sincera compassione. Io sono molto gentile coi maschi, in ragione della loro disgrazia, l’erezione. Un meccanismo infido e disobbediente, che diventa la clessidra della loro vitalità, e li ossessiona…”. Sei d’accordo?

No, proprio per niente. Io non ho alcuna avversione nei confronti del “maschio”. Ma perché biasimarlo così? Metterlo in croce così? Che poi anche le donne hanno l’erezione, pure noi siamo legate a ciò che vuole il nostro clitoride…Questo dell’Alberti mi pare l’ennesimo attacco. Gratuito e pretestuoso.

Che sentimenti ti suscita il maschio?

A me piace. E molto. Molto più delle donne, è innegabile, e chi lo nega? A me del “maschio” piace come si muove, come occupa spazio, come si siede, e la voce. L’odore. I peli. Te l’ho detto, sono sessualmente basica.

Che cos’è, per te, la gelosia? Un sentimento stupido o nobile?

La gelosia è un istinto. Che va domato. Io parlo per me. Io non ho gelosia dei corpi. Per dirti: potrei benissimo stare con uno/a escort, con uno/a che fa porno. Senza soffrir di nulla. Ma posso dilaniarmi per un gesto, uno sguardo, dato altrove, e non a me.

Com’è Barbara Costa, quando si innamora? Petulante, ossessiva, possessiva, noiosa?

Dovresti chiederlo a chi è stato oggetto del mio amore! Io sono stata innamorata due volte. Due uomini. Più grandi di me. Vuoi lo scoop? Sono due uomini stra-stra-stra-famosi. Notissimi. Nei loro rispettivi campi, fuori dal mio. Puoi crederci o no, non mi interessa. Nessuno lo sa, chi sono. Né mai lo saprà. Lo sappiamo io, e loro. Col secondo è finita a fine gennaio. Ma ce l’ho dentro. Ce li ho, tutti e due, dentro. Mi hanno cambiata. E in meglio. Quando respiri persone così realizzate, così sicure di sé, e del loro estro, è un privilegio e il vissuto, chi tu sei, ti fa salti incredibili. Vuoi sapere del terzo? Sì, sì, ci starebbe pure il terzo, ci sta uno che è un mesetto, che mi ha tolto la pace. Chissà se se po fa’. Io di me so questo: è raro, è difficile che mi piaccia qualcuno ma, se mi piace, sono io che faccio il primo passo, io che ci provo, che ti scrivo e ti chiamo. Che ti corteggio. Non il contrario. C’è più sugo. E poi a me un uomo piace viziarmelo.  

Anche tu usi la vagina come strumento di potere?

No, guarda: a me importa nulla di chi conquista posti, fosse pure il mio, perché fa pompini o altro. Io non l’ho mai data a nessuno, perché, per come è strutturata la società, solo così puoi vivere la tua dose di libertà. Non devi nulla a nessuno, e nessuno ti può rompere i coglioni. Come dice Gassman ne “Il Sorpasso”: “Con un sì ti impicci, con un no ti spicci”. Che è la mia filosofia di vita. Poi ogni figa è libera di ospitare chi vuole. Ma in Italia, se vuoi la strada spianata, più che strumento, la vagina la devi sposare a pene celebre, o, da vagina, ritrovarti figlia di pene celebre.

Hai mai provato ad avere un compagno cuckold? Ti ecciterebbe questo tipo di relazione?

Non te la puoi far piacere. Il cuckold è un feticismo, un comportamento sessuale con cui nasci. Non puoi sceglierlo. Se lo fai per “accontentare” un partner cuckold, gode lui, tu no. E questo vale per ogni pratica sessuale. E poi il cuckoldismo coinvolge la coppia. Io non mi metto né vivo la coppia, quindi a me, che tu scopi un’altra davanti a me, o che io mi faccia scopare da un altro, davanti a te, non mi dice niente, non mi eccita per niente.

Quali sono stati, per te, i film porno cult, indimenticabili, che ti hanno, poi, spalancato il mondo della sessualità?

No, no, non sono stati film, se non la pornografia come la fa Rocco Siffredi che è un porno che è il suo, ed è irreplicabile. Siffredi è un unicum porno. Non il mondo della sessualità, bensì della pornografia (che non sono la stessa cosa! La pornografia è in ogni sua forma una rappresentazione del sesso, non il sesso in sé e per come è, giammai il suo insegnamento) me l’hanno spalancato tre uomini: Hugh Hefner, Larry Flynt e Riccardo Schicchi. Hefner perché per primo ha affrancato la pornografia dal ghetto, l’ha resa nobile, e ne ha fatto cultura. Flynt perché m’ha intellettualmente sbattuto al muro, togliendomi quei pochi tabù che avevo, e forzando i miei limiti. Mi ha seminato la mente. E Schicchi, che ha pornograficamente dato la sveglia a un’Italia di rincoglioniti. Ma la pornografia per me è in Godard, in Woody Allen, è nella pop art, che mi stimolano di continuo.

Quali tabù avevi, sentiamo?

Flynt mi ha insegnato che puoi pornograficamente far scopare Dio, Gesù, la Madonna, tutti i dei e i santi di ogni religione. Godard la Madonna la mette a gambe larghe. Flynt mi ha sbattuto in faccia ogni violenza. La più aberrante. Ha usato il suo corpo invalido e piagato per farne pornografia. Per il porno si è messo contro ogni governo, ci ha preso le sue batoste, e però qualche politico e ipocrita e falso come e più degli altri, facendo giornalismo vero, e sbattendo sul suo giornale porno verità comprovate, l’ha mandato a casa. Senza biglietto di ritorno e a calci in culo. Mica male.

Da dove nasce il tuo amore per Oriana Fallaci? Io ritengo, ad esempio, che la Aspesi le sia nettamente superiore…

Ma scusa, Francesco, ma tutti questi grandi giornalisti italiani, iniziassero a farsi leggere oltre i loro gruppetti di amichetti, qui in Italia, e poi ci si provassero, a farsi leggere fuori! Fallaci è tradotta in tutto il mondo, pure in Cina, e, dove è illegale, circolano copie pirata! Ma vogliamo riconoscere la grandezza di questa signora che mai si è fatta pubblicità, e solo grazie alla sua prepotente scrittura ha portato il suo nome, e quello dell’Italia, ai vertici del mondo? Ma chi altro come lei? Chi? La Aspesi? Ma fammi il favore! Io lo posso ben dire, perché di Aspesi ho letto i libri, anche dei ’70, ma ‘ndo va? Io le firme di oggi non le leggo, non mi dicono nulla. Tranne Aimi: fa interviste fighe. Io leggo Bocca, Montanelli, e sai perché? Perché mi pigliano a schiaffoni. Io questo cerco. E mi leggo la Fallaci perché mi diverte, mi insegna, non mi annoia, ha avuto uomini che le invidio (Francois Pelou), ha vissuto come voleva, e pagandolo in prima persona. Come, seppur nel suo piccolo, fa la sottoscritta. Sicché, non ci rompete i maroni.

Fai già la martire, Barbara?

No, ma sono molto scocciata. Io metto me stessa in ciò che scrivo, ciò che sono non è separabile da ciò che penso e vivo e scrivo, io voglio così, non saprei fare altrimenti. Vorrei che intorno a me si avesse più coraggio.

Una volta mi hai detto che Henry Miller, Philip Roth e Norman Mailer sono stati fondamentali nella conoscenza dell’Eros… Ricordo bene? Non vedo donne…

Sì, sì, sono coloro che han dimostrato come mettere il sesso in scrittura, su pagina, e nell’ordine che hai detto tu. Magnifici. Anche nei loro sbagli. Perché è sbagliando e cadendo che ai miei occhi sei grande. Tra le donne, Toni Morrison, violentissima. E Simone de Beauvoir. Però c’hai ragione, le donne sono poche, a me interessa chi scrive perché ha vissuto e si vive ciò che scrive. Aspetta, c’è Eve Babitz, che mi ubriaca. Io sono affine a lei.

E non pensi che le donne siano poche solo perché, nel tempo, rispetto agli uomini, hanno avuto e mostrato meno genio e creatività?

No. Le donne non hanno avuto meno genio o creatività. Le donne prima del ‘900 – tranne casi eccezionalissimi – non le facevano studiare, non potevano sviluppare alcuna personalità, e soprattutto prima della pillola anticoncezionale non avevano autorità su di sé. Non erano libere e non potevano scegliere. Erano vita o morte vincolate alla maternità. Natalia Ginzburg è chiarissima, in merito.

Che rapporto hai con le donne, Barbara? A naso direi che ti stanno sul cazzo…!

No, a me stanno antipatiche le metooiste e tutte quelle che vogliono la parità e portano avanti un discorso sulla donna vittima, debole, oppressa. Io non voglio essere pari all’uomo né a nessuno. Io voglio fare il mio, ne ho abbastanza di vittimismi, piagnistei, rotture su “quello mi ha toccato il culo, il seno, mi ha palpato, mi ha guardato troppo”, come se non ci fosse nessuna, tranne la sottoscritta e qualche altra, che non si sia trovata ad aver a che fare con un porco e non l’abbia preso a schiaffi, e basta, finita lì! No, è da anni che mi devo sorbire le lagne del passato, di quello che secondo loro io ora devo ritenere giusto, e io ne ho le scatole piene, ma poi, ‘ste neofemministe andassero a convincere qualcun altro: il MeToo è lotta di potere. Nient’altro. Bieca, per giunta. Si vuole togliere egemonia al pene famoso di turno per darla a chi ha come unico titolo la figa. Più sessista di così! E io di questo ne ho scritto a sfinirmi.

Ho sempre ritenuto la chitarra uno strumento di piacere… Alcuni assoli, in primis quelli di Clapton, assolutamente orgasmici…  Cosa simboleggia la chitarra per te? So che ne vai pazza…

Ma che simboleggia, è! Per me è! I chitarristi sono il più gran regalo che il mondo potesse farmi, meno male che sono occidentale, fatta e finita, e fin da piccola ho scelto loro, che mi fanno bene, e che fanno, imbracciano cultura! Sono degli Dei. Sì, lo so, Hendrix, Clapton, per me di più Slash, di più Jimmy Page, e Keith Richards, quando è uscito “Life”, mi ha ribaltato l’esistenza… che ti stavo dicendo? Ah sì, tutti questi, grandissimi, io però, fammi dire degli italiani, posso? Ti dico quelli che piacciono a me. Alberto Radius, sì, Radius è Dio più degli altri, no, vabbè, me sento male, davanti a Radius! Ok, ti dico: a me piace Portera. Parecchio. Mi piace Poggipollini. Mi piace Ghigo Renzulli. E comunque, tutti zitti e chini davanti a Maurizio Solieri. Non c’ha rivali. Solieri è la felicità del mio clitoride.

Solieri, al massimo, porta il plettro a Clapton…

Figurati se tocco Clapton. Ma non sono d’accordo, e l’intervistata sono io, il chitarrista preferito è il mio, il clitoride pure, ma poi, sul serio, io vorrei davvero sapere perché, se faccio il nome di Maurizio Solieri, a tanti girano tanto le palle. È il prezzo che Solieri paga al genio. E a certa invidia altrui.

Quali sono i tuoi peggiori difetti?

Dico troppe parolacce, è vero. Però non bestemmio, ma perché non sono religiosa, non ha senso. Non parlo italiano, ma romanesco imbastardito, e me ne vanto. Tutti – tutti! – mi dicono che sono troppo severa con me stessa. Non conosco la pazienza, porto rancore, non cambio idea se prima non me ne porti e dimostri una contraria e migliore, e ce ne vuole, e poi: io sono snob e misantropa, non mi piace uscire, io sto bene sola, io sola non mi annoio mai, e mi piace stare al telefono quanto Warhol, e metto al centro di tutto e sopra tutto chi amo, non si fa, ma io lo faccio… Bastano?

Da quello che scrivi e da come ti racconti, sembra che la tua vita sia piena, intensa… È proprio così, o la scrittura ti aiuta a colmare dei vuoti pazzeschi…?

Sono fortunata, faccio la vita che mi piace, lotto per farla, pago quel che devo pagare, leggo uno/due libri a settimana, soprattutto biografie, a me interessano i cazzi altrui, sì, ma di chi ha vissuto e non si è lasciato vivere. I vuoti mi verrebbero se mi accodassi mogia alla massa. Io ho preso le mie decisioni. Sono in una fase in cui so nitido ciò che voglio e non voglio. Dico no. Come Godard in “Addio al Linguaggio”. E come Vasco in “C’è chi dice no”. Chi gliel’ha scritta? Solieri. Vedi? Tutto in me si lega, e torna.

E cos’è che non vuoi…?

Le catene. Di qualsiasi tipo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

SOSTIENI PERFIDE INTERVISTE

IBAN: IT73E0200805021000106444700
CAUSALE: DONAZIONE A PERFIDE INTERVISTE
INTESTATO A: MELCHIONDA FRANCESCO

This will close in 0 seconds