Sonia Bergamasco

Tra le tante attrici che affollano il cinema italiano, speranzose magari di trovare un posto nel vanitoso e caduco paradiso del grande schermo, ho sempre nutrito una curiosità nei confronti di Sonia Bergamasco, un’anti-diva. A differenza di tante altre incursioni nella vita altrui, la nostra Confessione non è avvenuta in salotto, anzi. In una fredda mattina (era ora!), questo faccia-a faccia fatto di puro istinto, privo di fronzoli e filtri, è avvenuto dalle parti di Piazza Cavour; per difenderci da una tramontana affilata come una lama, ci siamo rifugiati in una brasserie rumorosa ma, allo stesso tempo, discreta e per nulla desiderosa di romperci le scatole con flash, selfie o carinerie non richieste.  Due ore insieme: abbiamo riso tanto, e senza nessun tipo di imbarazzo. Ma, dietro quel suo riso vero, spontaneo, e i tratti e le movenze delicate, osservandola, mi ha fatto venire in mente la metafora – uomo-pesca – usata dal grande Walter Tobagi a proposito di Luciano Lama. Ecco, la sciura Sonia è morbida fuori ma, una volta spazzata via la morbida buccia, inaspettatamente dura, proprio come il nocciolo di una pesca. 

Questa lombarda trapiantata a Roma per lavoro è poco incline all’embrassons-nous. Al volemose bene romano, alla ruffianeria. Come un gatto, è guardinga, cerca di essere inafferrabile, si apre, ma non si dona, ti …