Parliamo forse del più grande giurista italiano. La sua storia – intensa, ricca, dolorosa, taciturna, saturnina – è quella di tanti uomini del nostro Meridione. E’ anche la storia di un uomo che appartiene a un’epoca che non c’è più. Questo abruzzese dalla scorza dura non è un nostalgico, un conservatore, anzi. Il suo sguardo è proiettato sul futuro. Leggendo i suoi libri – a partire dall’”Elogio del Diritto” – non potevo chiedere di più: andare a lezione da Natalino Irti. E così, in un sabato quasi estivo raggiungo il suo studio romano, dalle parti di Porta Pia. Mi concede due ore di incontro.
Ripercorriamo insieme vicende personali e collettive; dolori indicibili e ricordi fanciulleschi. Traspare leggerezza, ironia e nonostante titoli, onori, copertine, riverenza del mondo accademico e dei capitani d’industria, non ho scorto, in Natalino Irti, la benché minima posa, o prosopopea, o vanità intellettuale. Il potere e il sapere non l’hanno minimamente cambiato.
Guai a definirlo Maestro, mi ha avvertito: “sono uno scolaro leggermente più anziano degli altri”. Un bagno di umiltà. Nel suo ultimo libro – “Viaggio tra gli Obbedienti” edito da La Nave di Teseo – il professor Irti, pur tessendo le lodi dell’Obbedienza, in …