MICHELE GUARDI’, L’UOMO NORMALE…

Negli anni della mia adolescenza, quando i pranzi, pantagruelici e sfinenti, si facevano soprattutto a casa dei nonni, l’appuntamento con i “Fatti Vostri” era irrinunciabile. Se volevo assaporare le vere e artigianali leccornie del vero capo della mia famiglia, che al Sud – diciamolo chiaramente! – è la donna, dovevo sottostare ad una legge ferrea e indiscutibile: guardare il programma creato da Michele Guardì.

Ricordo, come fosse ora, la sua voce fuori campo. Un’invenzione bell’e buona. Privo di conoscenze televisive, cercavo di capire da dove provenisse quella voce così decisa, forte, stentorea, misteriosa. Mio nonno mi diceva, sempre: è il “comitato” che parla; il “comitato” era rappresentato da Guardì, l’uomo RAI per antonomasia.

Quando mi capitava di sgattaiolare da casa e rifugiarmi la notte nelle stanze dei nonni materni – negli anni Ottanta c’era l’usanza, volente o nolente, di abitare tutti nello stesso palazzo, pena l’esclusione sociale e culinaria sine die – il risveglio mattutino, per me, era scioccante. Con il volume della televisione alto come neanche a Woodstock, la sigla di “Uno Mattina” ti scuoteva dal sonno.

L’orologio affisso al muro segnava le 6 del mattino, ma, nonostante gli urli e le implorazioni e gli improperi e i cuscini …