Elena Stancanelli

Dopo il successo, inaspettato, di Benzina, in quel lontanissimo 1998 – porco mondo, son già passati 23 anni! – il nome di Elena Stancanelli è diventato, nel piccolo e avvitato ombelico italico, una presenza costante: in libreria, sui giornali, ai Festival, al cinema. Insomma, difficile non imbattersi nella sua scrittura. Nella sua firma.

Quello che mancava, però, era una vera e propria escursione nel suo mondo, creativo e, soprattutto, personale. Ero a conoscenza della sua ritrosia a parlare, ad apparire, a raccontare qualcosa di sé, a tirar fuori ricordi, esperienze, dolori e, perché no?, sciocchezze dette e fatte.

Da diversi anni la seguivo con una certa curiosità; mi aveva colpito in modo particolare una fotografia – sarà stato il 2016, se non erro –  in cui la si vedeva con le gambe distese su una sedia, fottendosene della forma ossequiosa e degli stupidi cerimoniali di cui la Società è piena. E mentre tutti puntavano l’indice contro questo gesto scostumato e arrogante, io, in realtà, lo trovavo assolutamente delizioso e provocatorio. Finalmente – mi sono detto – qualcuno in grado di manifestarsi senza maschere.

La foto, eloquente, simbolica, per nulla scontata, era assolutamente sintomatica. Quando l’ho chiamata, dopo una brevissima …